mercoledì 16 novembre 2011

Che ne sarà del Welfare?

Bella inchiesta de La Repubblica sulla crisi del sistema Welfare.
Vi consiglio di leggerla a questo indirizzo http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2011/11/15/news/il_welfare_al_capolinea-24858936/?ref=HREC2-1

domenica 3 luglio 2011

Dopo il Convegno. Appunti di Politiche Giovanili

A quattro giorni di distanza dal Convegno su Giovani e consumi mi sento di affermare che la giornata di approfondimento ha superato anche le nostre aspettative di organizzatori.

I lavori della mattinata, svoltesi in assemblea plenaria, hanno evidenziato la necessità di utilizzare le tecnologie a nostra disposizione, senza per questo farci fagocitare da esse. Il web 2.0 rappresenta per i ragazzi la possibilità di partecipare, nel senso di far sentire la loro voce. Interattività quindi come processo partecipativo, che avvicina le nuove generazioni e può renderle protagoniste.
Dall'altra parte la sempre maggiore necessità di donare agli adolescenti degli strumenti per poter leggere il mondo del web, della pubblicità ed in generale del marketing. Quando il brand non ha più bisogno di identificarsi ma diventa di per se stesso moda, il messaggio deve essere veicolato, compreso e naturalmente percepito nella sua essenza.

In qualità di conduttore del workshop sulla musica, provocatoriamente intitolato "Una musica può fare", mi sento di dover rimarcare il lavoro svolto nelle tre ore a disposizione del gruppo. Gli operatori concordano con la necessità di considerare la musica come uno strumento a disposizione per entrare in contatto con l'universo giovanile, in particolar modo con i ragazzi che maggiormente manifestano situazioni di disagio. Seppur questo avvenga in maniera soggettiva grazie alla professionalità di alcuni educatori, si sente la necessità di istituzionalizzare questo approccio, magari rendendolo condiviso.

Nel nostro workshop ci siamo chiesti inoltre cosa potrebbe aiutare i ragazzi a saper distinguere tra musica esclusivamente di consumo e, ad esempio, musica di autore. E non abbiamo potuto prescindere dal rimarcare la necessità di rafforzare, nella scuola primaria e secondaria, il ruolo dell'educazione musicale, fondamentale per donare ai ragazzi uno strumento di lettura del contesto contemporaneo, anche attraverso un insegnamento approfondito della storia della musica.
Accanto a questo l'importanza di rendere protagonisti i ragazzi. Creare corsi di insegnamento di strumentazione moderna all'interno delle sale musica dei CAG, organizzare concerti anche per le band composte da giovanissimi, lavorare con i ragazzi sui testi delle canzoni.

Questi brevi spunti dimostrano, a mio avviso, la necessità degli operatori giovanili di confrontarsi e di fare rete, in un contesto normativo lacunoso che sta lasciando alla singola iniziativa dell'educatore o dell'ente locale il ruolo di comprendere, capire e quindi agire sulle politiche per i nostri adolescenti.

mercoledì 18 maggio 2011

Privati per gli insegnanti di sostegno?

Sta passando sotto traccia una proposta di legge presentata dalla maggioranza che prevede per le istituzioni scolastiche autonome, la possibilità di stabilire generiche collaborazioni con i privati per il sostegno ad alunni  disabili.
L'insegnante di sostegno non è un lusso, sebbene il costante taglio dei fondi possa far circolare nell'opinione pubblica questa idea. La figura dell'insegnante per l'alunno disabile è fondamentale per la crescita del portatore di handicap e non può essere sostituita da nessun'altra.

Proprio su questo punto in questi ultimi anni si è fatta largo una idea errata, e cioè che l'educatore possa sostituire l'insegnante di sostegno. E' errato, in quanto le finalità dell'intervento sono diverse. Il ruolo dell'educatore è appunto un ruolo sociale, di acquisizione dell'autonomia e di inserimento armonico con la classe.

L'insegnante, lo dice l'etimologia, insegna.

Non si può tantomeno criticare chi pensa che le due figure siano commensurabili. La mancanza cronica di risorse in molti istituti ha reso indispensabile il ruolo dell'educatore soprattutto in mancanza dell'insegnante. Ma questa è solo la risposta ad una grave emergenza.

Chi ha presentato la proposta di legge non ha spiegato in che modo si potrà scegliere il contraente, quali caratteristiche dovranno avere questi "insegnanti di sostegno in affitto" e soprattutto se questa deve essere intesa come la chiusura definitiva dei fondi per il sostegno agli alunni disabili.

domenica 8 maggio 2011

Festival Internazionale delle Abilità Differenti 2011

Carpi, Modena e Bologna stanno ospitando dal 6 Maggio il Festival Internazionale delle Abilità Differenti 2011. L'appuntamento accresce la propria importanza di anno in anno, tanto che gli ospiti di questa edizione provengono da tutto il mondo, e sono espressione di settori diversi ed eterogenei.

E' possibile consultare il programma a questo indirizzo
http://www.nazareno-coopsociale.it/index.php?option=com_content&view=article&id=108&Itemid=264

Ugualmente abile

Segnalo questa iniziativa pubblicitaria che vede il coinvolgimento delle ACLI della Provincia di Novara, con il Patrocinio della Regione Piemonte, della Provincia di Novara e del Comune di Bellinzago, con la realizzazione affidata al Gruppo "Quelli del sabato".

Si tratta di diversi manifesti col fine di sensibilizzare l'opinione pubblica (e le Aziende in primo luogo) sull'importanza di applicare le disposizioni della Legge 68/99. Pochi infatti ricordano che la legge tutela il diritto del lavoro per i disabili, disponendo che all'interno delle aziende, in maniera proporzionale rispetto ai propri dipendenti, devono trovare occupazione dei soggetti in stato di disagio che hanno la possibilità di svolgere mansioni lavorative.

La campagna è semplice ed essenziale, ma di sicuro impatto, come questo manifesto


Talmente essenziale da aver conquistato il bollino di Pubblicità Progresso, una garanzia di qualità.

I protagonisti sono proprio ragazzi disabili che svolgono attività lavorative, facenti parte del gruppo "Quelli del sabato".

venerdì 6 maggio 2011

Formazione esperienziale ed outdoor training: una esperienza per i ragazzi dell'Ambito 10

La parola formazione sembra essere il vero punto focale del nostro mondo, sia esso professionale che legato al mondo degli hobby. Nella sfera del sociale, la formazione è un elemento costante e fondamentale del nostro lavoro. Chi è operatore nei servizi, oppure educatore, sa bene come ormai in tutti gli appalti seri (delle cose naive è meglio non parlare) ci siano ore annuali esclusivamente riservate alla formazione. 


Ma alla formazione dei nostri cosiddetti destinatari, chi ci pensa? Ora, si obietterà che l'educatore all'interno di una struttura è a sua volta un formatore. Giusto, ma non del tutto. E, soprattutto, spesso bisogna rintracciare un nuovo modo di fare formazione. Forse più accattivante, di certo maggiormente coinvolgente. 


Se parliamo di giovani, è innegabile come la formazione personale sia la base per un percorso di vita maggiormente consapevole. Formazione del sè è di certo quella che si riceve con gli studi, ma di grande importanza è quella che si riceve dalle esperienze. Da qualche tempo questo tipo di percorso è stato formalizzato attraverso la definizione di Formazione esperienziale.


Questo tipo di formazione utilizza metodologie e strumenti tradizionali per rafforzare l'apprendimento ed è realizzata da formatori esperti nella gestione dell’apprendimento degli adulti e quindi non si limita a proporre divertenti e suggestive attività fine a se stesse ma supporta il partecipante all’interno di un preciso percorso formativo finalizzato allo sviluppo di precise competenze target.


Di solito viene svolta in modalità outdoor, ma non mancano esperienze indoor. 
Il partecipante apprende utilizzando tutti i suoi canali, cognitivo, emotivo e fisico e viene stimolato all'apprendimento confrontandosi con un terreno sconosciuto. E' costretto ad adattarsi, correre dei rischi, operare anche senza conoscere tutte le risposte e di questo fa esperienza.


Questa nuova modalità formativa sarà al centro del percorso esperienziale che l'Ambito 10 farà svolgere a 15 ragazzi del territorio della Provincia di Ancona con età compresa tra i 18 ed i 24 anni. Il corso si svolgerà dal 27 Maggio al 1 Giugno presso l'Ostello di San Biagio in Caprile di Campodonico, grazie ai fondi del progetto "Proteo", coordinato dalla Provincia di Ancona. 


Per avere maggiori informazioni è possibile mandare una mail all'indirizzo ambito10@comune.fabriano.an.it

sabato 16 aprile 2011

La Cooperazione Internazionale, vero modello sociale da esportazione

La tragica e barbara uccisione di Vittorio Arrigoni sta, giustamente, colpendo tutta l'opinione pubblica. Ciò che sembra inspiegabile è soprattutto l'aver colpito un volontario il cui ruolo, nel delicato scacchiere israelo-palestinese, era quello di lottare per favorire il dialogo. Un “pacifista”, se questo termine non suonasse, oggi con mai, così attuale ed allo stesso tempo anacronistico.

Gli scenari di guerra e post-bellici, oltre alle catastrofi naturali, sono il terreno dove lavorano le onlus ed in generale tutto il settore della Cooperazione Internazionale. Nel quale trovano lavoro tantissimi professionisti del sociale, con dati in costante aumento. Sino alla fine degli anni '80, la Cooperazione Sociale era organizzata in maniera avventuristica. Ottimi propositi, grande voglia di fare ma sicuramente pochi mezzi. Indubbio che i primi aiuti umanitari sono state le varie spedizioni religiose in scenari quali l'Africa ed il Sud America. Accanto a questi missionari, i laici hanno sviluppato una rete fittissima di associazioni, cooperative ed enti non governativi che in realtà oggi rappresentano la vera ancora di salvezza per le popolazioni locali.

Cercando di fare un breve censimento delle più grandi presenti in Italia, mi sono trovato davanti a moltissime possibilità, variegate a seconda dell'area di intervento. Quelle che operano nel campo internazionale e con una struttura definitiva e professionale sono oltre 100. E basta un piccolo tour nei siti di annunci di lavoro, per scoprire che molte di queste cercano personale, e di tutte le tipologie. Da educatori a manager esperti di scienze diplomatiche. Da semplici volontari piastrellisti e giardinieri a traduttori.
Le onlus operano nella ricostruzione post-terremoto, nella costruzione di ospedali, nel recupero sociale di zone degradate, nel supporto psicologico. Ma anche nella bonificazioni di terreni malsani, nell'insegnare arti e mestieri.
Ed anche il mondo dell'Università ha iniziato ad accorgersi di questa realtà.
A Terni l'Università di Perugia ha attivato da circa 2 anni un corso triennale in Scienze Sociali e della Cooperazione, con la possibilità di una laurea specialistica in Cooperazione Internazionale.
E nel corso di laurea c'è un po' di tutto: dalla sociologia al lavoro dell'educatore sino ad esami in condivisione con Scienze Politiche.

E' un mondo affascinante, nel quale la volontà delle persone che sono sul campo rappresenta il vero punto di forza. Purtroppo, se si eccettua chi parte come volontario, coloro che operano professionalmente sul campo non hanno una retribuzione adeguata rispetto ai propri compiti. Spesso i contratti durano pochi mesi e questo si unisce ad una oggettiva difficoltà nell'operare in contesti pericolosi, senza un supporto delle autorità locali (tutt'altro..) ed in luoghi impervi.

L'Italia, storicamente, è in prima linea. Ma ora anche il resto del Mondo sta facendo la sua parte. La verità è che senza il Terzo Settore oggi non sarebbe possibile ricostruire le città dopo terremoti devastanti o evitare che in zone impervie dell'Africa si muoia a due anni di dissenteria.

Ragioniamo con dei dati.
L'Albania è un paese nel quale sono maggiormente presenti onlus ed organizzazioni non governative italiane. E non manca una forte presenza del Terzo Settore da molti altri paesi. 
I dati ufficiali del Ministero degli Esteri sottolineano che nell'anno 2007 l'Albania ha ricevuto aiuti per 305 milioni di dollari, pari al 2,8 % del suo prodotto interno lordo.
Questo grafico mostra le aree di intervento oggetto degli Enti di cooperazione internazionale:

Si nota immediatamente la grande varietà di settori di intervento. 
Sono 17 le grandi organizzazioni internazionali di volontariato che operano in Albania. Alcune, come la World Bank, nel 2009 aveva ben 24 progetti attivi nel territorio. 

Passiamo alla Palestina, dove si è consumato il tragico omicidio del volontario italiano.
Sempre secondo il nostro Ministero degli Affari Esteri, sono attive nel territorio della striscia di Gaza ben 17 iniziative direttamente finanziate dal Governo italiano, che riguardano l'industria e l'artigianato, la pesca, l'acqua, la tutela dei minori e molte altre. 

sabato 9 aprile 2011

Social Workers. Bene, ma se all'interno della rete

L'esperienza anglosassone del Social Workers può essere replicata anche in Italia. Stiamo parlando di figure di care che interagiscono con il soggetto in situazione di disagio e non rappresentano nessuna delle componenti istituzionali legate ai servizi.
Il social worker non è un medico e tantomeno un infermiere. Non è un educatore e non è lo psicologo. Trattasi invece di una figura che vive a contatto con il malato, e conduce un lavoro di socializzazione, educazione, supporto emotivo (senza sconfinare nel counseling) ed alle volte anche solo contenimento.

Mi rendo conto che da questa descrizione scaturiscono delle ovvie domande. Che titolo deve possedere il social worker e pertanto qual'è la sua professionalità? Come fare a sceglierlo?
Sono domande cui la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e l'Australia hanno risposto con nettezza. Il social worker non  deve avere un titolo di studio specifico, ma di certo deve avere una attitudine. L'esperienza anglosassone però insegna che sono soprattutto psicologi ed educatori alla ricerca di prima occupazione che decidono di intraprendere questo percorso. Secondariamente: chi può garantire una certa "professionalità" di queste figure? Di certo l'associazionismo può essere una garanzia. Il volontariato, strutturato in maniera così forte in Italia, che tra l'altro provvede ad una formazione specifica al proprio personale, sembra essere la figura del Terzo Settore più congrua per dare delle garanzie alla famiglia od all'equipe che reputa opportuno attivare un percorso di affiancamento.

Il social worker collabora con tutte le figure di riferimento del malato. Dai familiari al medico, dall'infermiere ai vicini di casa. Può anche affiancarlo nelle attività di amministrazione quotidiana (pagamento bollette etc..).

Se inserito in un contesto di rete è indubbia la sua validità. Certamente il welfare inglese ha creato questa figura anche per sgravare di costi educativi la pubblica amministrazione. Questo è il più grave rischio che si può correre. Se il social worker lavora accanto all'educatore, al medico, allo psichiatra, al counselor ed all'infermiere può divenire una figura fondamentale. Se invece sostituisce una di queste figure, i danni potrebbero essere irreparabili.

domenica 3 aprile 2011

Alzheimer. Una crescita costante e preoccupante

I dati sono ormai implacabili. Nel mondo viene diagnosticato un nuovo caso di Alzheimer ogni 7 secondi. Ed il 60% delle persone affette da questa demenza abitano nei paesi industrializzati. Un dato che, nel 2014, si alzerà sino al 71%.
Nei paesi dove i dati vengono monitorati con maggiore attenzione, ad esempio gli Stati Uniti, si calcola che di coloro che in questo anno compiranno 65 anni, ben 8 su 10 saranno affetti da una demenza in età avanzata. Sono percentuali preoccupanti, per diverse motivazioni.
La prima. Non siamo attrezzati a gestire una emergenza così grande. In Italia manca un reale rafforzamento della rete di servizi domiciliari. Abbiamo molte strutture residenziali per anziani, le Residenze Sanitarie anche chiamate RSA, che però nel caso dell'Alzheimer non possono risolvere il problema, considerando soprattutto la crescita esponenziale di casi.

Secondo. Le famiglie non hanno la forza economica di fronteggiare un caso di demenza dentro le mura domestiche. Si calcola che un malato di Alzheimer abbia un costo annuo complessivo di circa € 60.000,00 che vanno suddivise tra costi che ricadono sulla famiglia, sui servizi sociali e sul servizio sanitario. A questo costo però va aggiunta la sofferenza del nucleo familiare, che non viene supportato dalla rete dei servizi.

Occorre dare priorità a questo problema, che non meno di 1 anno fa l'Alzheimer's Disease Internation ha definito "bomba ad orologeria" che esploderà nell'ambito sociale.
In questo contesto la soluzione sembrerebbe essere univoca, e trova l'accordo di gran parte degli esperti e degli istituti di ricerca. Destinare maggiori risorse ed attuare dei Piani nazionali di assistenza.

Per saperne di più: http://www.corriere.it/salute/11_aprile_03/alzheimer-generazione-emergenza-riccardo-renzi%20_e0342002-5c85-11e0-b06c-b43ad3228bba.shtml

http://www.nuovasocialita.org/alpioppo/archives/445

giovedì 31 marzo 2011

Volontariato intergenerazionale

La vecchia idea del volontariato era che fosse riservato ad una fascia di età giovane, o anche sino ai 40 anni. Quasi fosse una fase della vita ben definita. Un'altra scuola: si imparava a fare del volontariato come si uscisse dall'Università.
Per fortuna adesso l'approccio è totalmente cambiato. La banca delle ore aveva già aperto la strada ad un volontariato per tutti , anche solo 1 ora in un mese poteva essere utile e non andava sprecata. Adesso è la risorsa-anziani a farsi largo.

Intanto, è giusto definire l'età anziana non più come over 65, ma over 70 ed anche over 75. La nostra popolazione anziana ha una posizione economica di serenità se confrontata con le altre classi sociali e gode di ottima salute. E, soprattutto, ha tempo.

E quindi l'anziano-volontario è la nuova risorsa. Molti progetti si sono già sviluppati sull'idea del volontariato intergenerazionale: giovani ed anziani che si dedicano del tempo a vicenda.

Da qui, l'associazione Nestore di Milano dal 1998 punta sulla formazione agli anziani. Naturalmente, formazione di volontari in età avanzata. E naturalmente, funziona.

Per saperne di più: http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2011-02-11/troppo-tardi-imparare-fare-145201.shtml?uuid=AaRt3S7C

domenica 27 marzo 2011

Big Society?

La rivoluzione del welfare di Cameron era stata descritta come la riforma più innovativa dei governi europei. Denominata "Big Society", l'idea del primo ministro inglese era quella di trasferire le competenze attualmente svolte dalla Pubblica Amministrazione al Terzo Settore. Punti di forza, secondo Cameron ed il suo consigliere Phillip Blond, una maggiore responsabilizzazione civica che avrebbe contraddistinto l'intervento privato.

Naturalmente il vero motivo di questa riforma è da ricercarsi nel drastico taglio delle risorse al sociale, anche in terra d'Albione. In questo modo si sarebbe potuto dimezzare i fondi trasferiti agli Enti Locali, lasciando all'impresa sociale libertà di attivare e gestire servizi e, naturalmente, di definirne la contribuzione.
In un momento di grande enfasi del dopo annuncio, lo stesso Phillip Blond è venuto in Italia a descrivere questo nuovo modello di welfare, concedendo al TG1 una intervista trasmessa nell'edizione delle ore 20:00

Ma è quello della "Big Society" un welfare che abbiamo urgenza di fare nostro? Quel privato sociale che Cameron tanto ricerca da noi è fortemente attivo e presente. Non manca in Italia una rete di associazionismo e cooperazione sociale che affianca la Pubblica Amministrazione. La nostra storia è diversa da quella della Gran Bretagna. Loro devono ancora ricostruire il modello sociale dopo il periodo Thatcher, nel quale le priorità erano indubbiamente altre.
Da noi il volontariato ha un ruolo storico, e sempre più riconosciuto.
Inoltre, certe sperimentazioni non ci sembrano poi così innovative. Il voucher di servizio spendibile presso il Terzo Settore accreditato è ormai una realtà in molte zone d'Italia, soprattutto al Nord e vanta una sperimentazione anche a Roma nell'era del sindaco Veltroni.

Chi si occupa di sociale sa che un ruolo fondamentale in Italia lo hanno svolto, e continuano a svolgerlo, le comunità, intese come il substrato sociale che fonda la nostra società, anche considerata la forte componente campanilistica del territorio italiano.

Semmai si attende dal governo Cameron una delucidazione su questioni più tecniche. Ad esempio: come scegliere i contraenti e quale diventerebbe in tal caso il ruolo del settore pubblico. Ma di questo, sino ad ora, non si è vista traccia, poichè dalle dichiarazione dell'estate scorsa, la "Big Society" sembra essere in una fase di stallo.

Ad aggravare la situazione, è notizia di oggi di ulteriori cortei nel centro di Londra di cittadini che lamentano ulteriori e drastici tagli che colpiranno le fasce più deboli della popolazione. Sarà forse questa la big society?

Per saperne di più: http://en.wikipedia.org/wiki/Big_Society

venerdì 25 marzo 2011

Auser, realtà consolidata

Una bella riflessione di Giorgio Dal Fiume su repubblica.it sulla realtà dell'auser, sempre più protagonista del not-for-profit italiano.

http://dal-fiume.blogautore.repubblica.it/2010/12/31/auser-leconomia-sociale-dove-non-te-laspetti/

I diritti dei cittadini con disabilità

Le Associazioni "Crescere" di Bologna e "Prader-Willi" in collaborazione con il Centro Nazionale Malattie Rare dell'Istituto Superiore della Sanità hanno pubblicato nel mese scorso una utilissima guida dei diritti dei cittadini disabili.

Segnalo questo puntuale articolo del "Corriere della Sera" nel quale c'è anche il link per scaricare la Guida, la cui utilità è facilmente intuibile.

http://www.corriere.it/salute/disabilita/11_marzo_22/disabili-guida-diritti-esenzioni_ca43be3c-53ad-11e0-9775-d7937a6c081d.shtml

Il modello sociale

E' strano come la parola sociale abbia assunto in questi anni una accezione diversa rispetto a ciò che prima esisteva. Il nostro sociale oggi è collegato ai social network, un senso più ludico e ricreativo. Facebook ha molto di sociale, inteso come rapporti.

Qui invece vorrei approfondire quello che in inglese si chiama "welfare". Eccola la giusta distinzione tra "social" e "welfare", che riguarda la più la persona.

Il modello sociale cui mi riferisco non è niente altro che tutto ciò che sta attorno al "welfare state". Dall'assistenza al malato, alla ludoteca. I servizi, insomma. Può sembrare anacronistico parlare di pubblico ora, ed infatti è giusto incentrare questo blog sulle nuove frontiere di welfare, sul privato e sul rapporto che quest'ultimo può avere col pubblico.

Su cosa ci succede intorno, insomma. Ragionando, magari.