giovedì 10 maggio 2012

Esistono ancora i Servizi Sociali?

I servizi sociali esistono più? Perdonate la domanda retorica, ma penso ci sia la necessità di essere consapevoli del momento storico che stiamo vivendo. 
Ritengo molto più utile, in questo momento, riflettere sulla contingenza della crisi e del suo riflesso sul nostro sistema di welfare, piuttosto che eludere un argomento di tale attualità e far finta che "tutto va bene, madama la Signora". 


Partiamo dal Fondo Unico Nazionale per le Politiche Sociali. Riprendo, per utilizzare parole di chi descrive il sociale con attenzione ma con lo sguardo dell'informazione, un articolo del direttore de I Mille, rivista online che si occupa di sociale.


"Drastica è stata la riduzione del Fondo nazionale per le politiche sociali, che contribuisce a finanziare la rete integrata dei servizi sociali territoriali attraverso una quota ripartita tra le Regioni (che a loro volta le attribuiscono ai Comuni). Tra il 2009 e il 2011 il Fondo è stato ridotto a un terzo: le risorse stanziate ammontavano a 518,2 milioni di euro nel 2009, sono scese a 380,2 milioni nel 2010 e a 178,5 milioni nel 2011"


Forse il dato non andrebbe nemmeno commentato, tanto grave è la situazione dei conti che, in questo caso, non solo non tornano, ma non ci sono più.


In questo blog ho più volte evidenziato che il welfare può essere una risorsa sia economica che occupazionale. Non serve operare nel settore per intuire che l'area di intervento relativa agli anziani può essere il volano di un sistema economico. Ma il taglio netto del Fondo ha affossato qualsiasi possibilità per i Comuni non solo di coprire le spese relative agli interventi assistenziali per le persone in stato di disagio, ma ha di fatto azzerato la possibilità di co-progettare con il Terzo Settore. 
Nei dibattiti politici quasi ci si dimentica di menzionare questa incontrollata riduzione, ma gli effetti sono devastanti, e colpiscono allo stesso modo chi si trova in stato di difficoltà (portatori di handicap, anziani etc..) e chi è occupato in una professione sociale. 


Mi preme spendere due parole per la riduzione (che diventerà scomparsa) del Servizio Civile Nazionale. La cittadinanza attiva svolta attraverso il servizio civile volontario è stata la grande scommessa degli anni 2000. Una scommessa vinta, se si pensa a quanti ragazzi hanno svolto con piacere questa attività e, dopo i 12 mesi, hanno deciso di qualificarsi restando nel settore sociale. Ormai i volontari che annualmente vengono avviati al servizio sono sempre meno, tanto che qualche Regione sta avviando il Servizio Civile Regionale, interamente finanziato con fondi propri.


Siamo in attesa di sapere se anche per il 2013 sarà finanziato il Fondo di sostegno agli affitti, una realtà dal 1998. L'incertezza anche in questo caso è sovrana. 


C'è insomma uno smantellamento generale di un intero sistema che deve essere denunciato. Con i pochi soldi a disposizione, vale la pena parlare di welfare? 
Lo stato sociale non si regge solamente dai denari che si hanno a disposizione, ma da un intero assetto di un Paese, da un sentore comune, da una legge di comunità non scritta. 
Da qualche mese assistiamo a suicidi di persone che sono state lasciate sole e che non sanno reagire al morso della crisi. Due anni fa a Padova venne aperto un numero verde cui rispondevano psicologi che davano assistenza agli imprenditori sull'orlo di una crisi di nervi. In 24 mesi la situazione è gravissima, quasi senza controllo. 
Ed i Comuni non hanno i mezzi per intervenire.

Esiste ancora il welfare state? Il Paese che abbiamo tanto criticato per la sua mancanza di stato sociale (gli Stati Uniti) ora sembra assomigliarci così tanto. Dovremmo aggrapparci al volontariato per contrastare il liberismo egoistico cui ci stanno abituando?