martedì 11 dicembre 2012

Dai contributi per disagio sociale all'Osservatorio delle povertà.

Se non ammettessimo che la situazione dei Servizi Sociali in Italia è drammatica, faremo un torto al forte bisogno di realtà di cui questo settore ha bisogno.
Non mi riferisco solamente al taglio, o meglio all’azzeramento, del Fondo Unico Nazionale per le Politiche Sociali. Questo, naturalmente, è il primo motivo di profonda crisi nella risposta alle esigenze dei cittadini. In questo momento invece è necessario focalizzare l’attenzione su una particolare area dei servizi sociali: l’erogazione dei contributi.

L’erogazione di un contributo, a persona fisica o persona giuridica, ma questo lo approfondiremo più avanti, è un’arma a disposizione del Servizio Sociale per contrastare quelle situazioni di particolare disagio. Di Regione in Regione cambiano le tipologie di intervento, resta comunque un quadro abbastanza omogeneo per il quale fondi specifici vengono messi a disposizione dei Comuni per intervenire su situazioni di particolare gravità.
Qui si apre un profondo dibattito sulle modalità operative. Negli ultimi anni si è intervenuto, stante la continua crescita di nuclei familiari in forte difficoltà economica e sociale, pubblicando degli specifici bandi, aperti a tutta la cittadinanza, il cui criterio di valutazione per l’elargizione del contributo era la situazione reddituale (ISEE per chi lo applica, somma dei redditi familiari negli altri casi). I fautori di questa tipologia di intervento motivano il loro plauso sostenendo che il sistema garantisce una profonda equità di distribuzione, evita alla Pubblica Amministrazione di essere tacciata di imparzialità e permette di erogare una somma eguale a tutti i soggetti posti in posizione utile nella graduatoria.
Sull’efficacia del metodo non si può disquisire più di tanto. Certamente, si garantisce l’imparzialità degli uffici e, se si unisce ad una graduatoria impostata sul criterio reddituale qualche altra variante (ad esempio i figli minori a carico del nucleo familiare), è possibile mirare l’intervento con maggiore focus sulle famiglie problematiche.

Nella premessa si è pero detto che il vento è cambiato. Analizziamo le motivazioni.

In primo luogo, la situazione reddituale di un soggetto o di una famiglia può essere calcolata esclusivamente con riferimento alla precedente dichiarazione dei redditi. Ecco dunque che ad un reddito medio certificato nell’anno precedente, può corrispondere una situazione attuale di forte disagio (ad es. perdita del lavoro di entrambi i genitori). E viceversa, naturalmente.

L’erogazione di una somma in denaro predefinita può rappresentare, in molti casi, avulsa dalle reali necessità del nucleo familiare. Una famiglia con tre figli minori frequentanti le scuole e con un solo genitore lavoratore (di reddito basso) può giovarsi di un emolumento una tantum, ad esempio per il pagamento di alcune bollette. Nel caso di soggetti che hanno perso il lavoro o sono cassaintegrati, il debito da loro accumulato negli anni non si risolve attraverso una somma erogata dai Servizi Sociali attraverso la compilazione di un modello. In quel caso sarà necessaria una analisi approfondita dell’Assistente Sociale, per comprendere in modo puntuale dove e come intervenire.

Non è poi possibile indirizzare un contributo su obiettivi che possono migliorare (nel lungo periodo) lo status sociale del soggetto. Ad esempio: si riceve una domanda di accesso al contributo da un soggetto posto in mobilità da diverso periodo. Il soggetto è conosciuto da diverso tempo dai servizi, in quanto è interessato ai vari contributi che vengono erogati ai sensi di legge. L’Assistente Sociale è a conoscenza di un corso di riqualificazione (a pagamento) che prevede l’accesso a soggetti in mobilità, con la possibilità di buona spendibilità nel mondo del lavoro. Se gestito attraverso il bando, si erogherà al soggetto stesso una somma (ad esempio € 800,00) senza curarsi di come verrà utilizzata. Se invece sarà l’Assistente Sociale con propria relazione a gestire la situazione, finalizzerà il contributo esclusivamente all’iscrizione al corso.

Introduciamo ora la questione relativa al Terzo Settore ed alla necessità di sinergia con la Pubblica Amministrazione.
In questa crisi devastante, sappiamo bene che le fasce più deboli della popolazione hanno visto crollare la propria situazione economica ed aggravare pertanto il loro disagio. Le Associazioni di volontariato stanno svolgendo un ruolo fondamentale, in quanto sono in prima linea nell’intervenire in nuclei familiari disagiati attraverso il vestiario, il pacco alimentare ma anche con contributi economici.
Pensare pertanto di erogare ulteriori somme senza aver contattato le associazioni presenti nel territorio, rappresenta uno squilibrio nella gestione dei pochi fondi che la Pubblica Amministrazione ha a disposizione. Spesso i volontari operanti in queste forme associative conoscono i soggetti con maggiore particolarità rispetto alle Assistenti Sociali.

E’ dunque di fondamentale importanza pensare all’istituzione, in ogni territorio, di un Osservatorio delle povertà. La Caritas ha una forte storia in questo contesto, ma reputo fondamentale che l’Osservatorio sia coordinato dalla componente pubblica, in questo caso dal Comune. Le motivazioni sono facilmente riscontrabili: massima collaborazione con tutte le associazioni presenti nel territorio e messa a disposizione di personale qualificato, che solitamente solo i Comuni hanno.

Concludo con un ragionamento che può apparire filosofico. Gli enti di volontariato assistono, per la maggior parte, famiglie di immigrati la cui condizione è ai limiti della dignità umana. Sino a qualche anno fa, la richiesta di aiuto era un appiglio iniziale per poi stabilizzarsi sia da un punto di vista economico sia sociale nel nostro Paese. Ora anche coloro i quali avevano ottenuto una condizione di vita sufficiente stanno ritornando al guado (profondo) iniziale. Nella povertà, si sa, si fa di necessità virtù, quindi con un contributo minimo queste famiglie (allargate) riescono a “galleggiare” anche per qualche mese, privandosi di ogni bene, anche di prima necessità.
Continuando ad erogare soldi (anche pochi) a pioggia senza un obiettivo preciso, rischiamo di alimentare un sogno che, tristemente, è ormai svanito per sempre. Si è dissolta l’idea di un paese che ha le risorse per accogliere tutti, e non dobbiamo dare illusioni: il supporto dei Servizi Sociali non può essere l’unica fonte di sostentamento.

O meglio, può esserlo, ma non in uno Stato in cui le poche risorse destinate al welfare vengono inesorabilmente tagliate.

2 commenti:

  1. Ho letto con interesse la tua analisi e la tua proposta e ne ho suggerito la lettura anche alle mie colleghe. E' interessante la soluzione dell'osservatorio delle povertà in appoggio alla Caritas di cui, confermo, è verissimo che spesso conoscono molto meglio di noi AS sul territorio i percorsi di tanti utenti. Trovo tuttavia assai difficile che la politica, quella degli enti pubblici, abdichi in favore di quest'ipotetico osservatorio, seppure in collaborazione, quando poi i soldi sono loro a metterli. Riconosco tuttavia che questa sia la soluzione migliore per non sprecare le poche disponibilità dei comuni che andranno sempre più ad assottigliarsi.

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  2. Penso che il concetto dal quale si debba partire non sia la creazione di un nuovo Ufficio o Servizio. L'Osservatorio viene istituito sfruttando le figure professionali esistenti, e le figure volontarie esistenti. Esistono poi dei "garanti". Se le riunioni vengono coordinatore dal direttore/coordinatore d'Ambito, ecco le scelte vengono in realtà condivise anche dalla politica.
    Semmai, porrei la giusta attenzione a definire bene su cosa si vuole intervenire. Anche qui però viene in aiuto il Piano di Zona del territorio: un buon PdZ avrà già individuato gli obiettivi per quanto riguarda l'area delle Povertà

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