domenica 2 settembre 2012

Servizi sociali ed alla persona: occasione occupazionale



il commento   

Sul Corriere della Sera di ieri, Sabato 1 Settembre, (http://www.selpress.com/cdr/esr_visualizza.asp?chkIm=80) Maurizio Ferrera ha scritto un articolo richiamando l'attenzione sulla necessità di pensare al welfare come strumento di occupazione e di crescita e non come spesa pubblica da controllare e, laddove possibile, da tagliare.

Ferrera dice che "serviranno medici, infermieri, insegnanti, tecnici, informatici, ingegnieri "dei servizi", esperti di gestione (ed anche qualche creativo)", evidenziando poi che Francia e Regno Unito, guarda caso, hanno già deciso di puntare su questo settore quale possibile volano per la crescita.

Da giorni i quotidiani riempiono le pagine di dichiarazioni sulla necessità di modificare il nostro welfare, finalmente iniziando un dibattito sulla parte di politica sociale che sembra sempre confusa all'interno dell'abusato termine inglese: i servizi sociali.

Ricercare un dato preciso delle persone occupate nei servizi sociali ed alla persona in Italia è impresa ardua. Sono riuscito a ritrovare un dato recente del Giugno scorso della Confcooperative la quale dichiara che, nel settore sanitario e nei servizi alle persone ad alle famiglie, circa 230.000 sarebbero gli operatori occupati, naturalmente nel Terzo Settore. Nell'ultimo anno sarebbero circa 7.000.000 gli italiani che sono venuti a contatto con questi operatori.
Ritengo il dato parziale e sottostimato, perchè alle figure occupate nelle Cooperative Sociali vanno aggiunte tutte le badanti ed anche gli operatori che operano sotto l'egida della Pubblica Amministrazione (stanno aumentando, vista la nascita dei Consorzi di Servizi Sociali).

A questo mare magnum di occupati bisogna dare una risposta certa sia sull'assetto dei servizi, sia sulla stabilità occupazionale.
E' vero che grande attenzione si pone sulla necessità di una nuova legislazione, ma il taglio dei trasferimenti ai Comuni rende difficoltoso, se non impossibile in alcuni casi, garantire al cittadino la prosecuzione dei servizi tutt'ora in essere, lasciando perdere la nascita o la sperimentazione di nuovi, che sembra essere utopico in questa situazione.
Tagliare un servizio non vuol solo dire causare un grave danno al cittadino, soprattutto se questi ne ha usufruito per molti anni, ma comporta una perdita di posti di lavoro causando una crisi occupazionale preoccupante.

A ciò va aggiunta la necessità, che gli operatori chiedono da anni, di definire i LEA.
La discrezionalità dei territori nella proposizione dei servizi è un deficit che deve essere colmato, e gli Enti Locali devono essere guidati nelle scelte (drastiche in questo periodo) da intraprendere. Non è tollerabile che a distanza di pochi chilometri si offrano ai cittadini servizi diversi, con tariffazione diversificata e con accesso personalizzato da ogni amministrazione.
In questo contesto è fondamentale rafforzare la figura degli Ambiti territoriali, quale garanzia di omogeneità sia per i cittadini sia per gli operatori.

Sulla stabilità occupazionale. L'operato delle Cooperative Sociali è fondamentale nella crescita del settore. La Cooperazione è partner della componente pubblica ma opera, naturalmente, in una ottica di investitore privato. Per tutelare gli operatori è necessario definire il ruolo del Terzo Settore, magari integrando l'ottima Legge 328/2000 che è stata volano di crescita per i servizi al cittadino.

Personalmente, reputo che la Cooperazione Sociale sia una importante realtà ed abbia rappresentato sino ad oggi un elemento indispensabile per lo sviluppo del settore, e soprattutto sono favorevole ad un assetto ancora più professionale di questa componente del Terzo Settore.
Quando si parla di nuove figure professionali, concordo con la necessità di occupare in questo settore soggetti che non siano esclusivamente legati alla dimensione assistenziale (assistenti, educatori, psicologi, riabilitatori psichiatrici, coordinatori dei servizi) ma anche progettisti, esperti di marketing, creativi, grafici. Non possiamo continuare ad operare nell'ottica assistenziale senza pensare ad un approccio più moderno e professionale anche nella presentazione e nella progettazione dei servizi.

Per fare questo però è necessario che le figure fondamentali che sino ad oggi hanno garantito la possibilità di svolgere i servizi, quelle sopra descritte (riabilitatori, assistenti, educatori etc..) possano operare con maggiori garanzie sul proprio futuro.
Per rendere possibile ciò l'unica strada è pensare ai servizi sociali ed alla persona come la vera strategia economica per il futuro, ed iniziare a premiare gli operatori investendo anche su una maggiore gratificazione economica di tutte le persone che, a diverso titolo, lavorano nel comparto. 

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