martedì 29 ottobre 2013

Qualche nota personale (altrimenti i blog a cosa servono....)

A volte è necessario parlare anche di se stessi in un blog, altrimenti avrei potuto aprire un giornale on-line del tipo scoop.it ed aggregare tutte le notizie che reputavo interessanti.

Mi è giunta domenica sera sulla mail la comunicazione dello Europe Project Forum di essere stato inserito nel Registro Europeo degli Euro-Progettisti - classe A, con almeno dieci anni di esperienza.
Non lo considero un punto di arrivo, anche se qualche somma almeno adesso dovrei poterla tirare. E' invece un ulteriore punto di partenza per nuove pianificazioni, progetti ed attività.
In questi dieci anni la convinzione che fosse l'Europa la sede alla quale guardare nel settore delle politiche sociali e del welfare non mi ha mai abbandonato. Da una parte perché sappiamo che i fondi a favore di questo settore sono ridotti al lumicino, dall'altra perché la circolazione delle esperienze e dei feedback è indispensabile se si vuole guardare avanti.

Chi legge con una certa assiduità questo blog, sa che articoli su progetti o sperimentazioni italiane ed europee si susseguono e questo nasce dalla profonda convinzione che nel nostro settore chiudersi non serve a nulla.

Avanti così, anche e soprattutto con la vostra collaborazione, le vostre idee e la vostra voglia di confrontarci.

venerdì 18 ottobre 2013

Il conto corrente di base

In pochi lo sanno, ma all'interno del Decreto cosiddetto "Salva Italia" del 2012 è stato introdotto l'obbligo per tutte le Banche di offrire alle fasce più disagiate della popolazione la possibilità  di aprire un conto corrente di base. Le Banche italiane si sono dunque adeguate a far data dal 2 Giugno 2012, un anno e mezzo fa.

Ma cosa è il conto corrente di base?
E' un conto corrente senza spese, nemmeno il canone annuo ed è esente da bollo. È riservato alle categorie socialmente svantaggiate con Isee (Indicatore situazione economica equivalente, attestato da Inps, Comuni o Caf) inferiore a 7.500 euro. Isee che dovrà essere presentato alla banca all'apertura del conto e poi ogni anno entro il primo marzo. 

Naturalmente non sono disponibili tutti i servizi previsti per un conto corrente normale. Il titolare del rapporto non può staccare assegni, chiedere una carta di credito, aprire un deposito titoli o ottenere un affidamento. Non può, nemmeno occasionalmente, andare in scoperto.
Questo però ha poca importanza se si pensa che oggi molte persone in stato di forte disagio economico hanno terrore ad entrare in uno Sportello bancario e sentirsi rispondere che non possono avere accesso ad un conto corrente. 

Naturalmente bisogna far girare il più possibile questa informazione, perchè ovviamente le banche hanno celato questa novità normativa e gli organi di informazione non ne hanno dato il giusto risalto. 

mercoledì 2 ottobre 2013

La rivista della badante

Laddove c'è un boom professionale ed economico, ecco che nasce una rivista specializzata. La rivista della badante arriva puntuale a rispondere ad una esigenza delle famiglie e comunque del settore sociale in generale: far luce su un argomento di stretta attualità ma che resta nebuloso in quanto a normativa e gestione quotidiana.

Intanto, i numeri.
Nel 2011 il numero delle badanti in Italia sfiorava le novecentomila unità, con una impennata negli ultimi cinque anni di oltre il 50%. Stiamo parlando di dati ufficiali, ai quali inevitabilmente si devono aggiungere quelli del cosiddetto "nero", che potrebbe anche far raddoppiare i numeri.
In un momento di terribile crisi occupazionale inoltre un lavoro che sino a pochissimo tempo fa sembrava interessare solo le donne straniere inizia ora ad essere appetito anche dagli italiani.

Secondo uno studio del Censis e dell'Ismu condotto per il Ministero del Lavoro, attualmente il 22% delle badanti sono italiane, una quota che nelle Regioni meridionali arriva al 36%. In questo rapporto si stima nel breve periodo che il numero di richieste di assistenti familiari possa portare a oltre 500mila nuovi posti di lavoro.
Ma a parte queste certezze, dal punto di vista contrattuale, amministrativo e puramente informativo c'è molta disinformazione.

Ecco dunque che, prima nel mondo, è nata in Italia La rivista della badante, una free press pubblicata da Rupolo Edizioni che vuole colmare il gap informativo tuttora esistente sull'argomento.

lunedì 30 settembre 2013

Cure palliative e cure domiciliari: ruolo del non profit

Si è svolto a Bologna un incontro a livello europeo per comprendere le varie diversificazioni negli interventi di cura domiciliare, in particolare per quanto riguarda le cure palliative.

Il concetto cardine da cui si deve partire per analizzare la situazione italiana è un andamento costante negli ultimi anni di potenziamento degli interventi a domicilio, volti a prendersi cura del paziente, in qualsiasi stato esso sia, all'interno delle proprie mura domestiche.
Gli aspetti che hanno portato a questo rafforzamento dei servizi a domicilio sono riconducibili alla componente psicologica del paziente e della sua famiglia ed, ovviamente, alla necessità di abbassare i costi della degenza in strutture.
Tra tutti i cambiamenti cui il sistema sociale si sta sottoponendo in questo periodo, è possibile asserire con tranquillità che questo intervento sia il più attuato e quello di cui, forse, si sente maggiormente il bisogno.

Come al solito, la domanda che ci si pone in contesto di progettazione del servizio è: chi gestisce queste attività? Il territorio italiano, nonostante le sue disomogeneità croniche, sembra finalmente adottare una strategia comune, attraverso il ruolo del no profit.
A diverso titolo e con modalità differenti (e qui lo scontro storico tra legislazione nazionale e regionale rischia di degenerare in tanti minuscoli welfare) il no profit gestisce interventi in collaborazione con la Sanità. Questa mole di lavoro è in crescita costante: il numero di pazienti oncologici che trascorre gli ultimi giorni di vita in un ospedale è passato da 53.574 nel 2010 a 49.213 nel 2011, con un calo che supera l'8%.

Il problema, come sempre, sta nelle modalità di affidamento e gestione di questi servizi. Si va dagli appalti agli affidamenti diretti, convenzioni sino alla totale assenza di alcun rapporto regolarizzato.

Urge quindi un intervento repentino del legislatore per chiarire il rapporto tra Servizi Sanitari e no profit e per definire l'iter amministrativo e le modalità gestionali più opportune.

lunedì 16 settembre 2013

Varese sperimenta

Il Comune di Varese ha presentato nella giornata odierna due progetti sperimentali.

Il primo, denominato "Sono io", è la sperimentazione di un ausilio collegato al campanello della porta di casa, che permetterà all'anziano di vedere la persona che ha suonato e di evitare così eventuali truffe e raggiri. La collaborazione con una ditta del territorio permetterà una installazione gratuita del supporto sia per l'amministrazione che per gli utenti.

Il secondo progetto prevede l'apertura di uno Sportello affitti per nuclei familiari colpiti dalla crisi. A loro il Comune riserva un contributo in collaborazione con la Regione per aiutare queste realtà al pagamento dell’affitto di locazione. Trattasi di un tipico intervento anti-crisi, che cerca di tamponare una situazione generalizzata in tutta Italia di crescita del disagio socio-economico delle famiglie.

venerdì 13 settembre 2013

Il caso Norvegese, meno Stato e meno welfare


Colpisce l'immaginario collettivo un paese come la Norvegia.
I norvegesi si sono sempre rifiutati di entrare nell'UE, forti del petrolio che sempre di più viene estratto dalle loro acque e paurosi di dover sottostare a regole e quote, soprattutto alimentari (pesca del merluzzo in primis). I dati economici sono d'altronde molto chiari: assenza di inflazione (addirittura al di sotto dell'1%), disoccupazione anch'essa a livelli bassi (circa il 3%), il secondo PIL procapite al mondo così come, di pari passo, la qualità media della vita.

In questo contesto di ricchezza diffusa la popolazione chiede allo Stato di fare un ulteriore passo indietro, di impattare cioè il meno possibile sulla loro vita privata. Meno tasse, innanzitutto, ed un forte snellimento della burocrazia e della strutturazione pubblica. Uno Stato low cost insomma, che poco chiede ai cittadini e naturalmente anche poco concede.
Tralasciando infatti il sistema previdenziale, che non può essere messo in crisi in quanto la ricchezza diffusa permette al sistema di autogenerarsi, è l'impianto di welfare che viene messo in discussione.

Strano, perchè solamente nel 2009 il modello norvegese prevedeva una più forte presenza dello Stato nell'economia ed un forte potenziamento del welfare pubblico. Grazie a questi interventi, attualmente Oslo
 garantisce servizi sociali di qualità a bambini e anziani e sostanziosi contributi economici alle vedove, alle ragazze madri, ai disoccupati e anche alle famiglie in base al numero di bambini. Un modello invidiato in tutto l’Occidente.

Cosa succede dunque nel ricco paese scandinavo?
Uno dei dati di fatto incontrovertibili sulla Norvegia rimane l'alto costo della vita. Calcolando il "paniere" tanto caro all'ISTAT, quasi tutti i generi alimentari di prima necessità hanno un costo almeno doppio (in molti casi triplo) rispetto al nostro Paese. Considerato l'alto livello di tassazione e la pressochè nulla evasione fiscale, i Norvegesi hanno chiesto, attraverso le ultime votazioni, un drastico taglio delle tasse, ed in generale anche del costo della vita, probabilmente convinti di potersi permettere privatamente quei servizi sinora garantiti dallo Stato.

Nel quadro della crisi globale è una richiesta controcorrente in quanto gran parte delle teorie e degli economisti in auge auspicano un forte intervento dello Stato, e soprattutto un welfare sempre più presente, come antidoti per superare la crisi.

La domanda a questo punto è: il cambiamento in atto ad Oslo manterrà o addirittura incrementerà la ricchezza diffusa della Norvegia, oppure a lungo termine presenterà un amaro conto ai cittadini? 

domenica 1 settembre 2013

Buoni lavoro per assunzione giovani svantaggiati: iter tortuoso ed incerto

Il Governo Letta con proprio Decreto 76/2013 (il cosiddetto Decreto Lavoro), recentemente convertito in Legge, prevedeva incentivi per le imprese che volessero assumere giovani svantaggiati under 30, con aiuto a mezzo di contributo pari ad un terzo della retribuzione lorda.

Passati più di 60 giorni dall'approvazione da parte del Governo, l'Inps non ha ancora provveduto ad adeguarsi alla normativa, di fatto non rendendo possibile l'avvio del contributo a favore delle ditte. Tantomeno la stessa Inps ha pubblicato alcun vademecum o linea guida operativa che chiarisse l'iter burocratico.

Ci si pone ora l'interrogativo se, passati i 60 giorni previsti dal Decreto Legge, la norma debba considerarsi decaduta o se, essendo intervenuta la conversione in legge (Legge 99/2013 pubblicata in data 28 Agosto), i termini siano slittati di ulteriori 60 giorni.

Cliccando sul link è possibile consultare la Legge in forma integrale:
http://www.finanze.gov.it/export/download/novita2013/LEGGE_9_agosto_2013.pdf

lunedì 26 agosto 2013

L'avanzata del volontariato nella gestione dei servizi

Ad un occhio attento ai cambiamenti anche sensibili in corso non può sfuggire una tendenza ad una maggiore introduzione nella gestione dei servizi sociali del non profit e del volontariato.
Si è iniziato, qualche mese fa, con il legislatore che ha aperto la strada per la partecipazione di questi soggetti giuridici alle gare di appalto, anche oltre soglia, laddove le modalità di gara sono particolarmente complicate e dunque i servizi da gestire sono importanti ed onerosi.
Ora si scopre che in alcuni territori il potenziamento della presenza del volontariato nella gestione dei servizi è realtà.

Un esempio è il distretto  di Cesena - Valle Sannio, nel quale il 69% delle attività e dei servizi socio-sanitari vengono gestiti dal cosiddetto privato sociale, per una movimentazione annuale complessiva di 12 milioni di euro.
Scorporando il dato, si scopre che all'interno del non profit operano in servizi gestionali molte associazioni di volontariato. Prendendo ancora ad esempio la sola città di Cesena, sono 129 le associazioni di volontariato operanti.

Quelle associazioni volontaristiche che gestiscono servizi per conto dell'ente pubblico rappresentano il 33% di quel 69% di cui sopra, per un totale economico annuale di quasi 4 milioni di euro, impensabile sino a qualche anno fa.

Ampliando la nostra visione al dato Italiano, si scopre che le associazioni di volontariato risultano affidatarie di servizi sociali di titolarità pubblica principalmente al Sud e nel Centro Italia (32,4%), mentre al Nord si continua a privilegiare l'affidamento a Cooperative Sociali (solo il 24% ad associazioni di volontariato).
Vi è però una lentezza da parte degli Enti locali a recepire l'importanza del volontariato e le sue finalità.
Tra i Comuni capoluogo di provincia italiani solo 8 su 10 riconoscono in modo esplicito nel loro Statuto il valore del volontariato e la sua funzione etica.